In microbiologia si definisce terreno di coltura un terreno utilizzato per far crescere dei microrganismi col fine di studiarne caratteristiche e comportamento. Scoperti nel corso del 1800, i terreni di coltura hanno segnato una tappa importantissima per lo sviluppo delle scienza microbiologica e della medicina in generale: grazie ai terreni artificiali, infatti, è stato possibile isolare il microbiota umano e farlo crescere, come fece per la prima volta Louis Pasteur nel 1860. Contrariamente a quanto si pensava nei secoli passati, lo studio attraverso i terreni di coltura fece comprendere quanto alcune situazioni ambientali (o alcuni alimenti, ad esempio) favoriscano la crescita di batteri, mentre altri la inibiscano.
Le caratteristiche dei terreni di coltura
Nell’ambito della microbiologia i terreni di coltura si caratterizzano per alcuni elementi fondamentali, fra cui i più importanti sono il grado di umidità presente, il ph, il fatto che essi siano sterili e al riparo da agenti inquinanti e la messa a punto di un adeguato livello di concentrazione di nutrienti tesa a favorire la crescita dei microrganismi. In base al loro stato fisico, i terreni di coltura si possono suddividere in terreni fisici o liquidi: ai primi viene aggiunta una componente addensante (come, ad esempio, l’agar-agar), mentre nei secondi lo sviluppo della fauna è decisamente più difficile.
In linea generale un terreno di coltura è un terreno che viene arricchito di proposito con alcuni elementi fondamentali in grado di far moltiplicare i batteri con facilità. Fra questi i principali sono una fonte di azoto, una di carbonio, dei sali minerali e, soprattutto, l’acqua. L’acqua, non a caso, ricopre una funzione essenziale perché permette ai nutrienti di venire solubilizzati, e quindi di venire trasportati per produrre una reazione detta di “idrolisi”; inoltre, alcuni tipi di batteri se non vengono a contatto con H2O non riescono a svilupparsi.
Per quanto riguarda la componente carbonica, essa è l’elemento costitutivo dei microrganismi, infatti essi producono proprio molecole di questo elemento sotto forma di grassi, di zuccheri e di proteine. Sono proprio le proteine e la loro sintesi che entrano in gioco con l’azoto: se non ci fosse quest’ultimo, i batteri non potrebbero dare avvio al processo di sintesi proteica che li caratterizza. In ultima analisi, i sali minerali più comuni utilizzati nei terreni di coltura sono il magnesio, il calcio, il solfato e il fosfato.
L’utilizzo dei terreni di coltura
I terreni di coltura sono fondamentali in numerosi campi scientifici e commerciali. Ad esempio, vengono impiegati nell’ambito dell’industria farmaceutica (per lo studio della malattie e per la produzione di farmaci), ma anche in quella alimentare (in particolare per quanto riguarda il settore delle bevande) e in quella cosmetica. In commercio esistono terreni di coltura già pronti all’uso che consentono di far crescere e di analizzare varie tipologie di batteri come, ad esempio, Lactobacilli, Zymomonas, lieviti Brettanomyces, stafilococchi, enterococchi, muffe, ed Escherichia coli. E’ fondamentale, però, che essi vengano maneggiati solamente da personale altamente competente in modo da non causare rischi per la salute.
Utilizzati nell’ambito della ricerca, i terreni di coltura possono essere utilizzati da microbiologi, scienziati, ricercatori e tecnici di laboratorio microbiologico. La preparazione dei terreni di coltura costituisce comunque una prassi di routine nell’ambito dell’attività di test all’interno di un laboratorio di microbiologia specializzato nell’osservazione e nel monitoraggio di batteri e di microbi patogeni. Per fare in modo che la crescita sia ottimale, quindi, il terreno, oltre ad essere arricchito con delle sostanze particolari, deve anche rispettare alcune condizioni essenziali come quelle della sterilità, possibili ovviamente solo in laboratori specializzati.