
In base alla collocazione dell’accento, nella lingua italiana si distinguono cinque tipi di parole. Nelle “tronche”, l’accento cade sull’ultima sillaba. Si definiscono “piane” o “parossitone” le parole con accento sulla penultima sillaba, invece si hanno “sdrucciole” o “proparossitone” se è la terzultima sillaba a essere accentata. Ci sono, poi, altre due categorie di parole, più rare: le “bisdrucciole” (quartultima sillaba) e le “trisdrucciole” (quintultima).
Le parole tronche: ecco cosa sono
Un altro termine per indicare le parole tronche è “ossitone”. In grammatica, si tratta di parole che presentano accento tonico sull’ultima sillaba. L’accento tonico non va sempre segnalato graficamente ma, nelle parole tronche, va sempre accompagnato dall’accento grafico. Esempi sono “città”, “libertà”, “virtù”, “però” ecc. Un caso in cui si hanno parole ossitone è quello della terza persona singolare modo indicativo futuro semplice e, non di rado, del passato remoto (“dirà”, “leggerà”, “capì”, “tornò”). Un altro caso è la prima persona singolare del futuro semplice: “amerò”, “farò”, “sentirò”.
Un ragionamento sull’accento apre scenari interessanti sulla riflessione linguistica, sia da un punto di vista storico che da un punto di vista espressivo e stilistico. La sua collocazione indica la sillaba su cui il tono, nella pronuncia, andrà a elevarsi o su cui la voce aumenterà di intensità. Questo, all’interno di un testo, ha delle ricadute su ritmo e musicalità. Se il francese è una lingua con parole a maggioranza tronche, se l’italiano presuppone perlopiù parole piane, ciò influirà sul loro modo di suonare, in poesia, in prosa, nei testi delle canzoni. E pensare che italiano e francese, che presentano parole tronche, sono entrambe lingue neolatine, ovvero derivanti dal latino che, invece, non prevedeva questo tipo di parole.
Quando usare le parole tronche
Nel linguaggio quotidiano, non si bada molto alla scelta delle parole, se non per la loro pertinenza semantica (di significato) con quanto si sta cercando di esprimere. E non è un grande problema, la lingua ha soprattutto una funzione pratico-comunicativa. Ma è bene sapere che si può arrivare a padroneggiare il mezzo linguistico a livelli più alti, giocando sul ritmo, sulla musicalità, rendendo più gradevole la lettura o l’ascolto, potenziando anche il potere comunicativo delle parole, facendo, insomma, se così si può dire, “ancora più comunicazione”.
Per utilizzare coscientemente le parole ossitone, occorre riflettere sul loro effetto. Una parola con accento sull’ultima sillaba è una parola “forte”, energica, poiché concentra la forza di emissione alla fine: dà l’idea di qualcosa di completo. Sono parole da scegliere se si vuole ottenere più impatto ed efficacia. Per fare un esempio: un conto è dire “non trovo in lui una sola virtù”; un altro è, invece, dire “non trovo in lui una virtù che sia una”. Il significato è il medesimo, anzi, a voler esser precisi, la seconda frase rafforza il concetto, con quel “che sia una”. Eppure, da un punto di vista musicale, la prima affermazione ha un impatto più deciso.
Come usare le parole tronche
La riflessione linguistica è tipica di chi fa poesia. Il poeta è colui che sceglie ciascuna parola, non solo per il suo significato ma anche per la sua musicalità e le sue sfumature. Chi compone poesie, tenga a buon conto le parole tronche: possono sottolineare la fine di un verso o di una strofa; possono “spezzare” l’unità di un verso, collocate al suo interno; opportunamente distribuite nel testo, possono creare un effetto ritmico che può essere perfetto per il tipo di componimento che si scrive. Ma non si creda che le considerazioni su ritmo e musicalità riguardino solo la poesia o i testi delle canzoni: anche la prosa ha un suo ritmo, anche la prosa può essere musica.
L’ultima osservazione da fare suona, più che altro, come una raccomandazione: attenzione a scrivere correttamente l’accento, se si vuole essere veramente rispettosi della lingua italiana. Nell’italiano moderno si distinguono l’accento acuto (é), a indicare la pronuncia chiusa della vocale (“perché”), e l’accento grave (è), per la pronuncia aperta (“caffè”). I programmi di videoscrittura possono indicare l’errore e pure correggerlo automaticamente, ma è una nozione che è bene conoscere.