Salute e benessere

Bioprinting: cos’è e come funziona? Pro e contro

Protesi

Nuova frontiera della medicina, il bioprinting è una tecnica innovativa di stampa tridimensionale già utilizzata in ambito medico per la realizzazione di modelli anatomici e la personalizzazione di protesi e dispositivi. Ma dove porterà il bioprinting nei prossimi anni? Quali sono i vantaggi e i limiti?

Cos’è il bioprinting?

Sembra fantascienza, eppure è realtà: il bioprinting è una tecnica innovativa di stampa tridimensionale utilizzata dall’ingegneria medica e tissutale. Fin dalla sua introduzione, ha fatto enormi progressi. La combinazione di tecnologia e di materiali biologici ha consentito di realizzare protesi e di ricostruire tessuti compatibili con le cellule umane. Secondo scienziati accreditati, nei prossimi anni il bioprinting potrebbe allargare i propri orizzonti spingendosi fino alla realizzazione di organi funzionanti e assolutamente identici al patrimonio genetico, che potrebbero risolvere l’enorme problema dei trapianti e ridurre al minimo l’eventualità di rigetto.

Come funziona il bioprinting?

La tecnica di stampa tridimensionale applicata all’ingegneria medica converte, in tempi piuttosto brevi, le informazioni digitali acquisite dagli scanner in comandi sviluppati da apposite apparecchiature. I movimenti effettuati su 3 assi rilasciano il materiale in maniera puntiforme fino a riprodurre perfettamente una protesi personalizzata o un modello anatomico. A prescindere dai software impiegati, la tecnica del bioprinting consente di utilizzare un’infinità di materiali come polvere di ceramica, gesso, polimeri attivabili, amidi, paste metalliche, diverse tipologie di plastiche e di resine, nonché il biolink (ad esempio le cellule apatiche). Le applicazioni sono quindi infinite per ottenere risultati che fino a qualche decennio fa erano impensabili. Ma gli obiettivi del bioprinting non finiscono qui. La nuova frontiera è quella di creare tessuti e organi indipendenti e funzionali, partendo da informazioni estrapolate durante lo studio, in modo da riprodurre ciò che madre natura ha creato. La speranza è che una volta inseriti all’interno dell’organismo, il bioreattore umano riesca a farli funzionare correttamente e eventualmente migliorarli.

Tessuti ed organi vengono realizzati con del biolink, uno speciale “inchiostro” depositato sul biopaper, il supporto preparato in ragione del progetto tridimensionale. Il biolink ha una struttura semiliquida ed è estrapolato direttamente dal paziente, ma stabilizzato e amplificato al fine di renderlo compatibile con la stampa. La bioprinter, ovvero la speciale stampante, combinerà supporto e “inchiostro”, fino a dare forma all’organo di riferimento, che potrebbe essere un osso, un fegato oppure un cuore. Il prodotto artificiale ha poi bisogno di maturare e consolidarsi all’interno di un ambiente idoneo, cioè il corpo umano, dalle capacità rigenerative sorprendenti.

Pro e contro del bioprinting

Il bioprinting è una rivoluzione nel campo dell’ingegneria medica e tissutale. Al di là dell’approccio etico, la tecnica può garantire numerosi vantaggi:

abbattere l’ostacolo delle lunghe attese per un trapianto. Negli anni, la donazione degli organi ha fatto enormi passi avanti, consentendo di salvare la vita di migliaia di persone. I trapianti di tessuti ed organi hanno permesso di ridonare la vista agli ipovedenti affetti da patologie rare, a ritrovare la funzionalità epatica, a ridare nuova dignità a chi è stato costretto per anni a sottoporsi a dialisi. Tuttavia, le attese sono ancora oggi troppo lunghe, con il rischio che qualcuno non ce la faccia. Il bioprinting consente di procedere in tempi celeri, senza il pericolo di perdere il paziente.

Ridurre le possibilità di rigetto. Partendo da cellule estrapolate direttamente dal paziente, il biolink offre una compatibilità con l’organismo pari al 100% senza alcun rischio per la sua salute.

Rigenerare le porzioni di epidermide. Il bioprinting permette di creare in tempi brevi porzioni di tessuti da applicare direttamente su ferite ed ustioni, evitando di estrapolare sezioni da altre parti del corpo come accadeva fino a qualche anno fa.

L’idea di partenza quindi ha degli scopi più che nobili. Oggi il bioprinting viene utilizzato per sostituire protesi, ossa e per rigenerare tessuti danneggiati. Per quanto riguarda gli organi, invece, la tecnica deve ancora essere perfezionata e raggiungere livelli di completezza maggiori prima di essere impiantata nel corpo umano. I limiti sono ancora tanti, tra cui:

l’assenza di personale in grado di utilizzare queste tecnologie. Il bioprinting, infatti prevede una multi professionalità che attualmente non è presente nelle strutture ospedaliere. Il personale dovrebbe essere adeguatamente preparato.

La nutrizione dei tessuti complessi. Negli anni sono stati prodotti diversi organi, arricchiti di cellule autologhe dalle diverse proprietà, in grado di facilitare all’organismo l’assorbimento. Tuttavia, per i più complessi e dagli spessori maggiori, è importante che il nutrimento avvenga non per diffusione ma per vascolarizzazione. Ciò significa che gli andrebbero impiantati su un soggetto vivo, consapevole del fatto che la prova potrebbe concludersi anche non esattamente nel migliore dei modi.

Tuttavia, la possibilità di creare un organo funzionante, come il cuore, non è un’utopia. Ad Harvard, Harald Ott ha dimostrato che un polmone artificiale impiantato su un suino morto ha funzionato per un’ora, seppur in modo rudimentale.

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