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Bengodi città sotterranea: in quale opera di Boccaccio appare? Come viene descritta?

Bengodi

“Questo sembra il Paese di Bengodi”, quante volte sarà capitato a tutti di ascoltare questa frase? Si tratta di un’espressione molto utilizzata, soprattutto in ambito politico per “denunciare” un presunto errato stile di amministrazione della proprietà pubblica. Bengodi è in realtà una città fantastica descritta dalla sublime e sempre ironica “penna” del poeta toscano Giovanni Boccaccio. Mentre l’Europa, a metà del XIV secolo era sconvolta dalla Peste, questo poeta seppe immaginarsi una città per lui ideale.

La città di Bengodi non è quindi un luogo reale ma immaginario e descritto dal poeta nella sua opera che lo ha reso maggiormente celebre e amato, il Decamerone. Questa città viene spesso ricordata anche come il Paese della Cuccagna, ovvero come una realtà territoriale nella quale tutti gli abitanti potevano avere il massimo benessere e piacere personale. Forse fu anche motivo di spunto per Collodi quando nell’Ottocento scrisse Pinocchio e inserì il celebre Paese dei Balocchi (che aveva però per lui un’accezione negativa a differenza del Bengodi di Boccaccio).

In particolar modo Bengodi è una città contraddistinta dall’abbondanza culinaria, da cibi buonissimi e alla portata di tutti. Probabilmente quelli che il poeta tanto desiderava, in un’epoca sconvolta dalla fame, dalla già citata peste e dalle carestie. Infatti Boccaccio, che inserisce questa novella nell’ottavo giorno, descrive i cibi con moltissimi particolari. Tra i tanti cibi citati e apprezzati dal poeta vi sono:

  • Le salsicce.
  • Una montagna di Parmigiano grattugiato.
  • Maccheroni e ravioli.
  • Brodo di cappone.
  • Vernaccia da bere.

L’importanza del cibo e l’oggetto della novella

Nella città di Bengodi però il cibo non è soltanto un desiderato e delizioso regalo per soddisfare ogni appetito ma assume i connotati di un vero e proprio stile ornamentale e paesaggistico. Infatti le salsicce vengono utilizzate anche come sostegni per le piante delle vigne, utili per ricavare la Vernaccia, e il Parmigiano è una vera e propria montagna che riporta forse alla mente del lettore l’immagine di un monte innevato. Questa scelta del poeta serve proprio per contraddistinguere un’abbondanza per l’epoca inimmaginabile, in un mondo che ancora non contemplava problematiche legate allo spreco.

Il cibo non è però l’oggetto principale della novella ma soltanto un contorno che fa da ambientazione scenica molto particolare. L’oggetto della novella è “la beffa, l’inganno“. Infatti il protagonista di questa vicenda, che si chiama Calandrino, viene letteralmente imbrogliato dai suoi tre amici: Maso, Bruno e Buffalmacco. Quest’ultimi lo convincono ad intraprendere degli sforzi per cercare la pietra della presunta invisibilità, detta elitropia. E’ proprio durante questa sua ricerca che Calandrino passa appunto per la città di Bengodi, in mezzo al cibo e ai suoi tanti piaceri.

Il cibo viene utilizzato dal Boccaccio anche per enfatizzare il carattere credulone di Calandrino. Gli amici raccontano infatti che a Bengodi il cibo viene lanciato in bocca dei passanti, proprio per sottolineare la grande ricchezza e opulenza di questa contrada (come avrebbero detto all’epoca). Un aspetto che sottolinea quanto fosse facile ingannare il protagonista e farlo credere a fatti impossibili per natura (invisibilità) ma anche a un qualcosa di inverosimile (abbondanza di cibo), visti gli stenti dell’epoca.

Il valore dell’abbondanza

A Bengodi tutto è molto enfatizzato e abbondante, inoltre si trovano anche i primi segni di una cucina che oggi verrebbe definita multiculturale. Infatti oltre ad elementi della tradizione della cucina toscana, nei piatti descritti sono evidenti anche le influenze esercitate dalla cucina orientale e araba. Inoltre non c’era sicuramente il concetto di “cucina minimalista” ma grande importanza veniva assunta dalla quantità che era considerata più importante della qualità. Un aspetto che denota una comprensibile ossessione per la mancanza di cibo, vista e considerata purtroppo la fame e le carestie che le persone erano abituate a vivere.

Il Paese di Bengodi è quindi situato dal Boccaccio nella contrada del Berlinzone, un luogo completamente immaginario che il poeta nella novella intitolata “Calandrino e l’Elitropia” fa raccontare al personaggio Maso del Saggio. Il fatto che l’espressione venga utilizzata ormai spesso in senso negativo è perché si vuol sottolineare uno spreco della “cosa” pubblica che viene mal gestita e posta a disposizione anche di chi si trova a passare in un determinato territorio.

Una curiosità, la città descritta dal Boccaccio in realtà non era di tipo sotterraneo ma negli anni sono stati creati dei villaggi sotterranei che hanno preso ispirazione da Bengodi perché dedicati al relax e al divertimento che hanno contribuito a diffondere il mito della città sotterranea.

 

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