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Anacoreti in cima alle colonne: chi erano gli stiliti? Come vivevano? Cosa facevano?

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Si dice che chi prega riesce ad elevarsi spiritualmente. Ma sono esistite nella storia persone che hanno deciso che per avvicinarsi di più a Dio bisognava essere più vicini al cielo anche fisicamente.

Vi presentiamo in quest’articolo la storia degli stiliti, uomini che hanno scelto di abbandonare il mondo per vivere in comunione al cielo, letteralmente: sono saliti in cima ad una colonna, e lì sono rimasti, fino alla fine dei loro giorni.

Gli stiliti: chi erano e come nascono

Stilita è un parola di origine greca, che deriva da stylos, colonna. Durante l’età classica non era un termine legato ai monaci, anzi. Indicava coloro i quali avevano il loro nome inciso su di una colonna. Può sembrare un onore, ma era in realtà l’opposto: chi aveva commesso delitti gravi veniva esposto al pubblico disprezzo, ed i nomi erano lì sulla colonna a marcarne l’infamia.

È a ridosso dell’inizio del Medioevo che compaiono gli anacoreti che decidono di lasciare il mondo per rifugiarsi su di una colonna a contemplare l’opera divina. Il cristianesimo, dopo la difficile fase iniziale delle persecuzioni, è diventata con Costantino una religione legittima.

La sua diffusione e la conseguente normalizzazione dei cristiani non è vista di buon occhio da tutti. Soprattutto ad Oriente, la culla del Cristianesimo, si teme che si perda così lo spirito iniziale, ed in fondo rivoluzionario, della nuova religione.

Se prima i cristiani si rifugiavano nei deserti e lontano dal mondo per salvarsi dalla persecuzione, ora alcuni scelgono l’anacoretismo come professione di fede, un tentativo di non sporcarsi col mondo materiale e mantenere la purezza dell’ascesi e della contemplazione.

Ma chi è il primo anacoreta a salire su di una colonna? La storia riporta come il primo ad iniziare questa pratica il monaco cristiano del V secolo San Simeone detto appunto lo Stilita. Va detto che esiste un precedente storico, legato ai culti pagani: a Ierapoli, Frigia (nell’attuale Turchia) per due volte l’anno un uomo saliva su di una colonna e vi rimaneva per sette giorni in preghiera di una divinità.

Ma l’esempio di Simeone lo Stilita è diverso, per lo meno nella sua durata: il monaco, secondo le cronache, è vissuto per 37 anni su di una colonna e lì vi morì, senza mai scendere.

La storia di San Simeone Stilita il Vecchio

Simeone Stilita il Vecchio (per distinguerlo dal Simeone Stilita il Giovane, monaco vissuto alla fine del VI secolo) nacque nel 390 circa, nei pressi di Antiochia, nel nord della Siria. Sin da giovanissimo mostrò una forte vocazione religiosa che lo portarono a prendere i voti già a 15 anni.

L’esperienza del convento però non fu sufficiente. Nel tentativo di trovare una forma ancora più intensa per vivere la sua vocazione religiosa, Simeone vagò alla ricerca di un posto dove potersi dedicare solo alla preghiera. Giungendo sulla montagna ora chiamata Sheik Barakat (che significa, per l’appunto “del vecchio che da le benedizioni”) cercò una roccia dove potersi ritirare in contemplazione.

Ma non fu abbastanza: disturbato da folle di pellegrini che andavano da lui per una preghiera o per un consiglio decise che se la fuga dal mondo non poteva essere in orizzontale, sarebbe stata in verticale. Si rifugiò su di una colonna, su di una piattaforma non più grande di 4 metri quadrati e lì decise di trascorrere il resto della sua vita.

Acqua e (pochissimo) cibo gli venivano forniti con un sistema di carrucole. La colonna, inizialmente alta 4 metri, fu successivamente innalzata a più riprese fino a raggiungere l’altezza di 15 metri. La sua scelta suscitò scetticismo inizialmente e ci fu il timore di eresia: fu sottoposto ad una prova per verificare cosa lo spingesse, se l’orgoglio o l’umiltà.
Un monaco anziano gli chiese di scendere, per verificare la sua obbedienza. Simeone accetto in completa sottomissione: fu l’unica occasione in cui lasciò la sua colonna.

Simeone, pur restando sulla colonna, non fu lontano dal mondo. Continuò a ricevere pellegrini ogni pomeriggio che lo raggiungevano con una scala, e continuò la sua predicazione anche tramite lettera. Le cronache riportano che visse sulla colonna per 37 anni. Non vi scese nemmeno per curare un’ulcera alla coscia che fu probabilmente la causa della morte.

Successo e fine degli stiliti

L’esempio di Simeone lo Stilita si diffuse ampiamente nel medio oriente cristiano del V e VI secolo. La vita ascetica su di una colonna aveva il duplice vantaggio di essere una testimonianza ben visibile a tutti di contemplazione e preghiera e nello stesso tempo di consentire al monaco di vivere lontano dai turbamenti della vita mondana.
Il movimento stilita fu oggetto di venerazione generale, anche da parte degli Imperatori bizantini che finanziarono la costruzione della Basilica di San Simeone, di cui ancora oggi esistono i resti vicino ad Aleppo, in Siria.

Ma una nuova concezione del monachesimo si fa strada dal V secolo: in contrapposizione agli anacoreti che pretendono di estraniarsi dal mondo, si incomincia a pensare al monastero come punto di riferimento concreto per la comunità. È la fondazione degli ordini monastici come la conosciamo oggi, basati su di una “regola“. La più famosa di tutte, “l’ora et labora” benedettino, rappresenta proprio la negazione di una distanza dalla terra ma la necessità di essere presenti per diffondere il messaggio cristiano.

Il movimento stilita diventerà così residuale, relegato a sporadiche realtà orientali che sono arrivate fino al XV secolo in Russia. Ancora oggi però è possibile trovare un monaco stilita: Maxime Qavtaradze, un religioso greco ortodosso che vive in cima ad un pilastro roccioso in Georgia.

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